Vi racconto l’Arma Pollera…

 

Il toponimo “Arma” è l’espressione dialettale comunemente usata nel ponente ligure per indicare una caverna; poiché quasi tutte le “grotte” più significative del Finalese sono state, prima ancora, “caverne” abitate nella preistoria dai nostri antenati, ecco spiegato l’uso frequente del termine “Arma” per indicarle.

 

L’Arma Pollera, posta in località Rio della Valle della frazione Montesordo-Pianmarino del Comune di Finale Ligure, era già nota in passato e, prima degl’anni sessanta, esplorata e percorsa soltanto sino alla Sala della Frana.

 

Si è formata nel punto di contato tra la Pietra di Finale, roccia calcarea relativamente recente, e il substrato più antico pressoché impermeabile, sul corso sotterraneo del Rio Montesordo, le cui acque tornano in superficie tramite la risorgente di una grotta posta poco più a valle: l’Arma del Buio (Vecchio).

 

 

Arma Pollera: i portali d’ingresso dalla Sala Perrando.

 

Sua caratteristica maggiormente spettacolare sono i portali d’ingresso, Ovest e Sud Ovest; quest’ultimo, ampio e imponente, raggiunge l’altezza di 15 metri ed è largo circa 30. Introducono nella vasta Sala Perrando, quasi pianeggiante, che a destra sprofonda, in parte, in un pozzo e, in parte degrada, lungo un ripido ed estremamente sdrucciolevole pendio fangoso di circa 50 metri (Scivolo), sino al Salone Issel. Ci si trova così in un ambiente detto “di crollo”, formatosi in pratica dal distacco, in epoche molto remote, d’enormi blocchi di roccia dalla volta della cavità originaria che hanno, per così dire, piastrellato l’intero pavimento trasformandolo in un ampio tavolato, interrotto qua e là da profonde fessure: il Plateau.

 

A margine di quell’impressionante cumulo franoso scorre il Rio Montesordo, in periodi di secca quasi completamente nascosto tra gl’infiniti interstizi della gigantesca frana. Sebbene il ramo a monte del Rio non sia stato mai percorso per palese impraticabilità, da ricerche condotte con traccianti (sostanze chimiche non dannose che colorano l’acqua), si è scoperto che le sue acque provengono dagli inghiottitoi di Pianmarino, vasto altipiano posto poco più in alto e abbastanza vicino alla grotta.

 

Le esplorazioni più attempate cercarono, inoltrandosi tra i blocchi della frana, di trovare una qualche prosecuzione; la più immediata ed istintiva era suggerita dal corso del torrente ipogeo e, seguendolo attraverso strette diaclasi verticali (fessure spesso bagnate e scivolose) e contorti passaggi tra i massi, raggiunsero la Sala Gestro per scendere, poi, il Pozzo degli Scemi.

 

Ogni volta che leggo “Pozzo degli Scemi”, sovente riportato in dialetto genovese, non posso fare a meno di sorridere, preso da un insieme di simpatia e di commiserazione per quegli Speleologi che, dopo mesi di scavi e fatiche in ambiente ostile e disagevole, si trovarono entusiasti nella forra percorsa dal Rio Montesordo, speranzosi in chissà quali interminabili sviluppi esplorativi ma, dopo qualche decina di metri, beffati dal laghetto sifonante della Saletta delle Conche… Non oso immaginarne le parolacce e, invece, rifletto divertito su quante ‘botte da scemmu’ mi sono guadagnato per le mie trascorse numerose e sfortunate operazioni di scavo in Val Chiaravagna; anche queste possono essere i galloni dello Speleologo!

Ma torniamo alla grotta…

 

Attorno agli anni sessanta, sempre partendo dalla Sala della Frana immediatamente sotto il Plateau, con caparbietà ed encomiabile tenacia, si riuscì ad immaginare e a percorrere un labirintico passaggio che, contro ogni logica spicciola, volgeva in salita per condurre proprio al vertice della frana stessa da cui, riscendendo sul lato opposto in una forra fossile (cioè in un letto abbandonato di un antico torrente), si giunse alla Sala del Presepio.

La ricordo, ormai un po’ rovinata dai soliti “buontemponi”, ricca di concrezioni la cui forma e disposizione richiamano proprio un Presepio…

 

Dalla sala si avanza in un piccolo meandro, sempre più angusto, sino ad una “buca da lettere” attraverso cui, calandosi con la corda, si raggiunge nuovamente il ramo attivo. Proprio qui inizia la Grotta del Buio Nuovo, che può essere percorsa, verso monte, sino alla Sala delle Voci, dove ritroviamo il sifone che porta alla fatidica Saletta delle Conche; oppure, verso valle, avanzando – un po’ sugli affioramenti rocciosi e sui crostoni concrezionali a pelo d’acqua, un po’ in contrapposizione – per arrivare alla Sala della Sabbia, laddove fessure impraticabili impediscono ulteriori prosecuzioni: è il punto più lontano dall’ingresso dal quale dista circa 500 metri.

 

Quasi a metà della forra a valle potremmo deviare a destra per una breve risalita su concrezioni che immette nei Saloni Bensa: sono ambienti inizialmente ampi e, poi, ramificati in molteplici cunicoli via via sempre più angusti e inagibili, abbelliti da alcune concrezioni.

 

Poco prima della Sala della Sabbia, l’acqua s’incanala a destra in una stretta diramazione discendente per sifonare poco dopo; oltre a costituire il punto più profondo della cavità (-64 metri), è anche il punto di congiunzione con l’Arma del Buio, detto “Vecchio” per distinguerlo, appunto, dalla parte “Nuova” testé descritta, ‘trait d’union’ con l’Arma Pollera. Alcuni s’avventurano in una rapida ma pericolosa apnea per forzare il breve sifone e compiere, così, l’intera traversata; chi passa per primo può giovarsi della limpidezza dell’acqua e di una discreta visibilità… Tutti gli altri, sia per l’intorbidamento progressivo dell’acqua sia per la ristrettezza del passaggio, rischiano molto di più. Proprio in quel sifone l’amico Carlo - Autore del filmato del Decennale - avrebbe incontrato la morte se un “angelo custode” (la moglie), intuendolo in difficoltà, non l’avesse prontamente afferrato per i piedi e aiutato a ritornare all’asciutto.

 

I sifoni mi hanno sempre intimidito e li ho sempre evitati con riverente diffidenza… Forse anche per questo posso ancora raccontarla!

Vi ho spaventato?

Non preoccupatevi, noi là andremo solo per cantare,  … al margine esterno della Sala Perrando.

 

 

Mario.

 

              

Arma Pollera: dal Plateau (Salone Issel), guardando la parte terminale dello Scivolo.